Storia Giapponese, Piccola introduzione

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Sir Karati
view post Posted on 2/3/2011, 12:31     +1   -1




Oh complimenti davvero Shin... Me le sto leggendo pian piano tutte e sono davvero interessanti. Un'ottimo allenamento per ambientarsi nell'ormai imminente Shogun 2.
 
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ShinXari
view post Posted on 2/3/2011, 12:49     +1   -1





Grazie Sir, aspettavo da molto il tuo giudizio e ciò mi sprona a continuare e a migliorare il mio lavoro.
 
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Requies
view post Posted on 2/3/2011, 13:27     +1   -1




Finalmente una cosa familiare, il Milione ah ah
Hai lasciato in sospeso un pò alla fine...è un "to be continued" spero :P
 
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ShinXari
view post Posted on 2/3/2011, 13:35     +1   -1





ehhehe l'ho citato apposta......e anche perchè la storia dei Polo mi ha sempre interessato.


Sì certo.... presto la seconda invasione e magari la nascita dello shogunato Ashikaga.

Ormai siamo piuttosto vicini alla sengoku jidai.
 
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Sir Karati
view post Posted on 2/3/2011, 13:38     +1   -1




CITAZIONE (ShinXari @ 2/3/2011, 12:49) 
Grazie Sir, aspettavo da molto il tuo giudizio e ciò mi sprona a continuare e a migliorare il mio lavoro.

Alla fine un po' di cultura orientale ci vuole per dei "caproni" (detto alla maniera di Sgarbi) come noi. Continua a scrivere mi raccomando.
 
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ShinXari
view post Posted on 2/3/2011, 13:50     +1   -1




Premetto che io ho sempre amato la storia di ogni periodo ed epoca (a parte forse quella del risorgimento o della preistoria che ritengo un pò pesantine), ma a differenza di quello che si pensa....la storia è qualcosa di estremamente utile anche nel mondo moderno.

è una sorta di "manuale di istruzioni" dell'umanità: se la si conosce si sarà in grado di comprendere e forse persino prevedere gran parte di quello che accade ed accadrà.....


E conoscere la storia e le altre culture del mondo sta divenendo un qualcosa di sempre più importante ed essenziale per un mondo che ,volente o nolente, sta andando verso la globalizzazione e il "melting pot".


Quando abbiamo rapporti con qualcuno spesso ci viene naturale volerlo conoscere meglio..... penso che dovremmo avere lo stesso atteggiamento anche per paesi e culture differenti dalle nostre.


La tolleranza verso il diverso...... e la creazione di un orgoglio di appartenere all'umanità sarà la chiave della sopravvivenza della nostra specie.....


Se falliremo......ci aspetta solo l'estinzione. La natura non dà seconde possibilità alle speci che non sono capaci di evolversi e adattarsi.....
 
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ShinXari
view post Posted on 22/3/2011, 10:29     +1   -1




-LA SECONDA INVASIONE: Provaci ancora Qublai!-

Nonostante il disastroso esito della prima invasione, Qublai non ne fu
affatto scoraggiato e iniziò a compiere i preparativi per una seconda, ancora
più massiccia invasione delle isole nipponiche: “Niente dovrà fermarci
questa volta” avrà probabilmente pensato il Khan facendo eco alle parole
di un famoso personaggio di una saga filmica che sarebbe stata girata nel
“nuovo mondo” quasi dieci secoli dopo.

Nel 1275 il Khan inviò cinque suoi ambasciatori nel Kyushuu con l'ordine
di non lasciare l'arcipelago prima di aver ottenuto una risposta chiara da parte
del governo giapponese. Stavolta la risposta di Hojo Tokimune non si fece
attendere e fu decisamente cristallina: gli ambasciatori furono portati
a Kamakura e decapitati sul posto. L'invio degli ambasciatori può parere una
mossa stupida, ma forse, il Khan pensava che il tentativo della prima invasione
avesse spaventato a sufficienza i giapponesi per portarli al tavolo delle
trattative, oppure che questi ambasciatori potessero servire da “intelligence”
in vista di un secondo sbarco sulle coste nipponiche.
Nel 1279 altri cinque ambasciatori conobbero lo stesso, tristo, destino nella
baia di Hakata. La diplomazia aveva ancora una volta fallito, ma il Khan da
buon mongolo, aveva già nuovamente approntato metodi più “diretti” per
strappare al giappone l'obbedienza. Nei cantieri navali cinesi e coreani fu
approntata l'esorbitante cifra di 4.400 navi che avrebbero imbarcato rispettiva-
mente due forze d'invasione: la prima di 40.000 e la seconda di 100.000
soldati che sarebbero sbarcati in due punti diversi delle coste giapponesi in
un enorme attacco coordinato. Anche in Giappone, Hojo Tokimune e il suo
consiglio si impegnarono a fondo per allestire le difese: radunati ed organizzati
i samurai del Kyushuu e di altre zone del Giappone, lo Shikken ordinò
la costruzione di imponenti difese costiere composte da forti e da muraglie
in pietra alte fino a due metri nei punti considerati più esposti a uno sbarco mongolo.
Alla vigilia del probabile attacco mongolo, ogni santuario e tempio
giapponese fu chiamato a pregare e a condurre riti per propiziare la vittoria
delle forze giapponesi.

image
-I resti di una muraglia protettiva ad Hakata, odierna Fukuoka-

Finalmente, nella primavera del 1281 le flotte mongole salparono per
il Giappone, ma l'enorme flotta della coalizione mongola incontrò da subito
notevoli difficoltà logistiche che ne rallentò l'avanzata in mare. Solo nell'estate
dello stesso anno i mongoli, dopo aver conquistato l'isola di Ikishima, sbarcaro-
no finalmente in Giappone in più punti diversi. Nonostante la chiara superiorità
numerica, stavolta i mongoli trovarono una situazione ben diversa da quella
della prima invasione. I Samurai lottando con feroce determinazione, sfruttando
le difese approntate sulla costa, e persino distinguendosi in azioni notturne di
“commando” per sabotare le navi nemiche riuscirono a negare in più punti
alle forze Yuan la possibilità di allestire una testa di ponte. Quando il 15 Agosto
un'altra terribile tempesta colpì lo stretto di Tsushima affondando nuovamente
gran parte del naviglio della coalizione mongola fu chiaro che ancora una volta
il “kamikaze” e la tenacia dei difensori avevano protetto il Giappone dalla
minaccia straniera. Si stima che l'80% dell'enorme forza mongola fu annientata
dal secondo “Kamikaze” e dalle lame dei Samurai.

image
-Samurai abbordano le navi della flotta invasore-

I comandanti della flotta mongola che riuscirono a tornare a Kambaliq dovettero
affrontare l'ancora più spaventosa tempesta della furia del Khan che
stavolta esigette le loro vite come prezzo per la sconfitta. In Giappone i Samurai
e Tokimune poterono ancora una volta tirare un sospiro di sollievo e festeggiare
la vittoria, anche se in cuor loro sapevano che la minaccia mongola poteva non
essere ancora completamente sopita.....

In effetti, nonostante il secondo smacco Qublai pianificò di condurre una terza
invasione per il 1284, tuttavia la guerra della dinastia Yuan contro i regni del
Vietnam spinse il Khan a rinunciarvi.

-LE CONSEGUENZE-

Le due invasioni mongole del Giappone ebbero profondi effetti sia sul Giappone che sulle forze invasori.

In Giappone, lo sforzo di difesa messo in atto dallo Shikken Hojo e la necessità
di mantenere alta la guardia contro eventuali successivi attacchi si rivelarono
un pesante onere per il clan Hojo e contribuirono ad indebolire la sua posizione
politica: una debolezza di cui, presto, qualcuno avrebbe approfittato.

Gli eventi senza precedenti del '74 e '81 ebbero profonde conseguenze sulla
cultura, sulla tecnica militare e sulla consapevolezza del popolo giapponese.
Per la prima volta i Samurai avevano combattuto assieme contro un nemico straniero
comune e lo scontro con le forze mongole aveva mostrato in modo
palese i limiti della tecnica di guerra tradizionale samuraica incentrata
sul valore personale, sull'onore e sui duelli contro singoli avversari preceduti
dall'enunciazione spettacolare del proprio nome, lignaggio e delle gesta proprie
e dei propri antenati, dinanzi a forze nemiche compatte che si lanciavano invece
sul nemico come una massa anonima uccidendo quanti più nemici possibile.

Come accadde spesso nella storia del Giappone, abituato a prendere elementi
esterni, fonderli con i propri e rielaborarli in chiave “autoctona”, anche l'arte
della guerra giapponese dei periodi successivi avrebbe fatto tesoro di queste
lezioni: il valore individuale avrebbe continuato ad avere grande rilevanza, ma
calato tuttavia in un contesto bellico contraddistinto da scontri
collettivi fra grandi numeri, nel quale i Samurai sarebbero stati affiancati
da soldati di estrazione popolare (gli Ashigaru).

image
-L'evoluzione dell'arte militare giapponese verso i grandi scontri numerici dell'epoca Sengoku è
in parte figlia degli eventi delle invasioni mongole-

Un contesto che vedrà la sua piena maturazione prima nella guerra di Onin, e
quindi nel turbolento periodo della “Sengoku Jidai”.


Le due fallite invasioni costarono molto anche alla dinastia mongola Yuan, non
solo in termini di risorse e vite umane, ma anche perché contribuirono ad incri-
nare il mito dell'invincibilità dei mongoli, specialmente nella guerra “anfibia”.

I Mongoli non tentarono più altre invasioni (la pace fra mongoli e giappone
fu siglata alla fine del 14esimo secolo da parte del neonato Shogunato Ashikaga
e del Khan Toghun) e l'arcipelago nipponico rimase intoccato da minacce
straniere fino all'occupazione americana del 1945. L'impero mongolo avrebbe
continuato a regnare fino alla metà del 1.300 quando lotte intestine, rivolte e
la cacciata dei mongoli dalla Cina da parte della dinastia Ming posero fine alla
lunga storia di questo popolo guerriero delle steppe.


L'eco di quegli eventi attraversò centinaia di chilometri, giungendo persino
nella lontana Europa grazie alla testimonianza del giovane Marco Polo, raccolta
poi nel “Milione”.
E sarà anche il mito di “Cipango: il paese dai tetti d'oro” che ispirerà i grandi
naviganti del quindicesimo secolo ad attraversare gli oceani
sconosciuti per giungere nelle misteriose e (presunte) ricchissime indie.

Tra gli avidi lettori dell'opera di Polo vi fu anche un giovane di origini genovesi
(o piacentine secondo alcuni) di nome Cristoforo Colombo, che porterà con sé
una copia del libro durante la sua traversata dell'atlantico nel 1492. Sbarcato su un'isola
che ribattezzerà “San Salvador”, Colombo era convinto di aver toccato
terra proprio nelle vicinanze del “paese dell'oro”. L'origine del nome di Cuba
(Ciuba: “piena d'oro”) riflette proprio le speranze del giovane navigatore di
essere vicino al Giappone fiabesco e opulento di cui aveva letto nel libro del
viaggiatore veneziano del '200.

image
-Sbarcato sulle paradisiache spiagge di San Salvador (nelle Bahamas), Colombo
credette di essere vicino alle Indie descritte da Marco secoli prima-

In realtà, come ben sappiamo, Colombo era incappato in un continente ben più
grande del piccolo arcipelago giapponese, sul quale secoli dopo avrebbe avuto
una enorme influenza, ma anche in quell'immenso "nuovo mondo" la Spagna
avrebbe trovato città stracolme del prezioso metallo con cui saziare la sua
insaziabile fame aurea.

Marco Polo non avrebbe mai immaginato l'effetto che le pagine di quei suoi
"quaderni del carcere" ante-litteram dettati a Rustichello avrebbero avuto
nello sviluppo della storia del mondo nei secoli successivi, e tantomento che
proprio la scoperta del "nuovo mondo" ispirata in parte dai suoi racconti
avrebbe sancito la fine del dominio di Venezia sui commerci con l'oriente,
condannando la potenza lagunare a un lungo, dorato, declino mentre il
mediterraneo si faceva sempre più piccolo e stretto a paragone degli oceani.


A scoprire (per caso) il “vero Giappone” sarà invece una nazione vicina del regno di Ferdinando ed Isabella di Castiglia che nel 1543 intesserà proficui rapporti commerciali con il Daimyo del Feudo di Satsuma: il Portogallo.

Ma avremo modo di parlarne più avanti.......

Edited by ShinXari - 22/3/2011, 14:22
 
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Requies
view post Posted on 22/3/2011, 12:56     +1   -1




Chi troppo vuole nulla stringe...queste invasioni finiscono sempre male..
 
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Giò®oma94
view post Posted on 22/3/2011, 14:10     +1   -1




SPOILER (click to view)
CITAZIONE (ShinXari @ 22/3/2011, 10:29) 
-LA SECONDA INVASIONE: Provaci ancora Qublai!-

Nonostante il disastroso esito della prima invasione, Qublai non ne fu
affatto scoraggiato e iniziò a compiere i preparativi per una seconda, ancora
più massiccia invasione delle isole nipponiche: “Niente dovrà fermarci
questa volta” avrà probabilmente pensato il Khan facendo eco alle parole
di un famoso personaggio di una saga filmica che sarebbe stata girata nel
“nuovo mondo” quasi dieci secoli dopo.

Nel 1275 il Khan inviò cinque suoi ambasciatori nel Kyushuu con l'ordine
di non lasciare l'arcipelago prima di aver ottenuto una risposta chiara da parte
del governo giapponese. Stavolta la risposta di Hojo Tokimune non si fece
attendere e fu decisamente cristallina: gli ambasciatori furono portati
a Kamakura e decapitati sul posto. L'invio degli ambasciatori può parere una
mossa stupida, ma forse, il Khan pensava che il tentativo della prima invasione
avesse spaventato a sufficienza i giapponesi per portarli al tavolo delle
trattative, oppure che questi ambasciatori potessero servire da “intelligence”
in vista di un secondo sbarco sulle coste nipponiche.
Nel 1279 altri cinque ambasciatori conobbero lo stesso, tristo, destino nella
baia di Hakata. La diplomazia aveva ancora una volta fallito, ma il Khan da
buon mongolo, aveva già nuovamente approntato metodi più “diretti” per
strappare al giappone l'obbedienza. Nei cantieri navali cinesi e coreani fu
approntata l'esorbitante cifra di 4.400 navi che avrebbero imbarcato rispettiva-
mente due forze d'invasione: la prima di 40.000 e la seconda di 100.000
soldati che sarebbero sbarcati in due punti diversi delle coste giapponesi in
un enorme attacco coordinato. Anche in Giappone, Hojo Tokimune e il suo
consiglio si impegnarono a fondo per allestire le difese: radunati ed organizzati
i samurai del Kyushuu e di altre zone del Giappone, lo Shikken ordinò
la costruzione di imponenti difese costiere composte da forti e da muraglie
in pietra alte fino a due metri nei punti considerati più esposti a uno sbarco mongolo.
Alla vigilia del probabile attacco mongolo, ogni santuario e tempio
giapponese fu chiamato a pregare e a condurre riti per propiziare la vittoria
delle forze giapponesi.

(IMG:http://s1.wdstatic.com/images/it/ll/e/e4/FukuokaWall.jpg)
-I resti di una muraglia protettiva ad Hakata, odierna Fukuoka-

Finalmente, nella primavera del 1281 le flotte mongole salparono per
il Giappone, ma l'enorme flotta della coalizione mongola incontrò da subito
notevoli difficoltà logistiche che ne rallentò l'avanzata in mare. Solo nell'estate
dello stesso anno i mongoli, dopo aver conquistato l'isola di Ikishima, sbarcaro-
no finalmente in Giappone in più punti diversi. Nonostante la chiara superiorità
numerica, stavolta i mongoli trovarono una situazione ben diversa da quella
della prima invasione. I Samurai lottando con feroce determinazione, sfruttando
le difese approntate sulla costa, e persino distinguendosi in azioni notturne di
“commando” per sabotare le navi nemiche riuscirono a negare in più punti
alle forze Yuan la possibilità di allestire una testa di ponte. Quando il 15 Agosto
un'altra terribile tempesta colpì lo stretto di Tsushima affondando nuovamente
gran parte del naviglio della coalizione mongola fu chiaro che ancora una volta
il “kamikaze” e la tenacia dei difensori avevano protetto il Giappone dalla
minaccia straniera. Si stima che l'80% dell'enorme forza mongola fu annientata
dal secondo “Kamikaze” e dalle lame dei Samurai.

(IMG:http://0.tqn.com/d/asianhistory/1/0/M/0/-/...dMongolShip.jpg)
-Samurai abbordano le navi della flotta invasore-

I comandanti della flotta mongola che riuscirono a tornare a Kambaliq dovettero
affrontare l'ancora più spaventosa tempesta della furia del Khan che
stavolta esigette le loro vite come prezzo per la sconfitta. In Giappone i Samurai
e Tokimune poterono ancora una volta tirare un sospiro di sollievo e festeggiare
la vittoria, anche se in cuor loro sapevano che la minaccia mongola poteva non
essere ancora completamente sopita.....

In effetti, nonostante il secondo smacco Qublai pianificò di condurre una terza
invasione per il 1284, tuttavia la guerra della dinastia Yuan contro i regni del
Vietnam spinse il Khan a rinunciarvi.

-LE CONSEGUENZE-

Le due invasioni mongole del Giappone ebbero profondi effetti sia sul Giappone che sulle forze invasori.

In Giappone, lo sforzo di difesa messo in atto dallo Shikken Hojo e la necessità
di mantenere alta la guardia contro eventuali successivi attacchi si rivelarono
un pesante onere per il clan Hojo e contribuirono ad indebolire la sua posizione
politica: una debolezza di cui, presto, qualcuno avrebbe approfittato.

Gli eventi senza precedenti del '74 e '81 ebbero profonde conseguenze sulla
cultura, sulla tecnica militare e sulla consapevolezza del popolo giapponese.
Per la prima volta i Samurai avevano combattuto assieme contro un nemico straniero
comune e lo scontro con le forze mongole aveva mostrato in modo
palese i limiti della tecnica di guerra tradizionale samuraica incentrata
sul valore personale, sull'onore e sui duelli contro singoli avversari preceduti
dall'enunciazione spettacolare del proprio nome, lignaggio e delle gesta proprie
e dei propri antenati, dinanzi a forze nemiche compatte che si lanciavano invece
sul nemico come una massa anonima uccidendo quanti più nemici possibile.

Come accadde spesso nella storia del Giappone, abituato a prendere elementi
esterni, fonderli con i propri e rielaborarli in chiave “autoctona”, anche l'arte
della guerra giapponese dei periodi successivi avrebbe fatto tesoro di queste
lezioni: il valore individuale avrebbe continuato ad avere grande rilevanza, ma
calato tuttavia in un contesto bellico contraddistinto fra lo scontro tra scontri
collettivi fra grandi numeri, nel quale i Samurai avrebbero combattuto anche
al fianco di soldati di status sociale più basso e popolare (gli Ashigaru).

(IMG:http://www.masterclass.it/images/mcm/artic...agashino7-5.jpg)
-L'evoluzione dell'arte militare giapponese verso i grandi scontri numerici dell'epoca Sengoku è
in parte figlia degli eventi delle invasioni mongole-

Un contesto che vedrà la sua piena maturazione prima nella guerra di Onin, e
quindi nel turbolento periodo della “Sengoku Jidai”.


Le due fallite invasioni costarono molto anche alla dinastia mongola Yuan, non
solo in termini di risorse e vite umane, ma anche perché contribuirono ad incri-
nare il mito dell'invincibilità dei mongoli, specialmente nella guerra “anfibia”.

I Mongoli non tentarono più altre invasioni (la pace fra mongoli e giappone
fu siglata alla fine del 14esimo secolo da parte del neonato Shogunato Ashikaga
e del Khan Toghun) e l'arcipelago nipponico rimase intoccato da minacce
straniere fino all'occupazione americana del 1945. L'impero mongolo avrebbe
continuato a regnare fino alla metà del 1.300 quando lotte intestine, rivolte e
la cacciata dei mongoli dalla Cina da parte della dinastia Ming posero fine alla
lunga storia di questo popolo guerriero delle steppe.


L'eco di quegli eventi attraversò centinaia di chilometri, giungendo persino
nella lontana Europa grazie alla testimonianza del giovane Marco Polo, raccolta
poi nel “Milione”.
E sarà anche il mito di “Cipango: il paese dai tetti d'oro” che ispirerà i grandi
naviganti del quindicesimo secolo ad attraversare gli oceani
sconosciuti per giungere nelle misteriose e (presunte) ricchissime indie.

Tra gli avidi lettori dell'opera di Polo vi fu anche un giovane di origini genovesi
(o piacentine secondo alcuni) di nome Cristoforo Colombo, che porterà con sé
una copia del libro durante la sua traversata dell'atlantico nel 1492. Sbarcato su un'isola
che ribattezzerà “San Salvador”, Colombo era convinto di aver toccato
terra proprio nelle vicinanze del “paese dell'oro”. L'origine del nome di Cuba
(Ciuba: “piena d'oro”) riflette proprio le speranze del giovane navigatore di
essere vicino al Giappone fiabesco e opulento di cui aveva letto nel libro del
viaggiatore veneziano del '200.

(IMG:www.nautica.it/charter/bahamas5.jpg)
-Sbarcato sulle paradisiache spiagge di San Salvador (nelle Bahamas), Colombo
credette di essere vicino alle Indie descritte da Marco secoli prima-

In realtà, come ben sappiamo, Colombo era incappato in un continente ben più
grande del piccolo arcipelago giapponese, sul quale secoli dopo avrebbe avuto
una enorme influenza, ma anche in quell'immenso "nuovo mondo" la Spagna
avrebbe trovato città stracolme del prezioso metallo con cui saziare la sua
insaziabile fame aurea.

Marco Polo non avrebbe mai immaginato l'effetto che le pagine di quei suoi
"quaderni del carcere" ante-litteram dettati a Rustichello avrebbero avuto
nello sviluppo della storia del mondo nei secoli successivi, e tantomento che
proprio la scoperta del "nuovo mondo" ispirata in parte dai suoi racconti
avrebbe sancito la fine del dominio di Venezia sui commerci con l'oriente,
condannando la potenza lagunare a un lungo, dorato, declino mentre il
mediterraneo si faceva sempre più piccolo e stretto a paragone degli oceani.


A scoprire (per caso) il “vero Giappone” sarà invece una nazione vicina del regno di Ferdinando ed Isabella di Castiglia che nel 1543 intesserà proficui rapporti commerciali con il Daimyo del Feudo di Satsuma: il Portogallo.

Ma avremo modo di parlarne più avanti.......


Complimenti vivissimi.Sei riuscito a far appassionare il sottoscritto alla storia Giapponese!!!Attendo il continuo!
 
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ShinXari
view post Posted on 22/3/2011, 14:28     +1   -1





Ne sono davvero lieto.... è proprio uno degli obbiettivi che volevo raggiungere scrivendo questa piccola storia.

A presto con la tentata restaurazione imperiale di Go Daigo e l'ascesa degli Shogun Ashikaga.
 
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<|GaRteMiR|>
view post Posted on 22/3/2011, 14:33     +1   -1




molto bello, da appassionato di storia , posso ritenermi piu che soddisfatto ^^

 
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CaioLavo
view post Posted on 22/3/2011, 14:33     +1   -1




Alla faccia della piccola storia... Comunque si vede proprio che non ami la storia giapponese, vero? :)
 
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ShinXari
view post Posted on 25/5/2011, 13:37     +1   -1




Dopo un periodo di esami...sangue sudore e lacrime...eccovi finalmente un altro appasionante chapter de la storia jappa. Enjoyyyyy


-THE EMPEROR STRIKES BACK: GO DAIGO E LA “RESTAURAZIONE
KENMU-

Pur essendo discendente diretto della dea del sole Amaterasu, ed “Arahitogami”
(divinità in terra), l'Imperatore dalla fine dell'epoca Heian aveva dovuto ras-
segnarsi nel vedere il suo potere sempre più limitato dai capricci della nuova
classe militare dei Samurai e in particolare del più importante fra loro:
lo Shogun. Confinati nel sontuoso palazzo di Miyako (Kyoto,già Heiankyou), gli Imperatori avevano assistito pressoché impotenti all'ascesa del potere shogunale; un potere che,ironia della sorte, formalmente erano essi stessi chiamati ad assegnare a ogni nuovo “Gran Generale”di sangue Minamoto.
I Minamoto, forse seguendo il detto “Divide et impera” o al contrario per evitare lotte di potere sulla successione al trono imperiale, concessero che i discendenti di due linee imperiali (imparentate fra loro) si sarebbero succeduti a turno sul trono.
Questi due rami della famiglia imperiale erano noti come “Corte del Nord” e “Corte del Sud” (la prima più anziana e locata nelle vicinanze di Kyoto, mentre la seconda a Yoshino, ovvero l'antica Nara) e si erano originati durante il regno dell'Imperatore Go Saga (1242-6), che fu succeduto al trono dai suoi due figli Go Fukakusa e Kameyama, da cui le due linee si originarono.
Secondo Go Saga, una successione alternata fra queste due linee avrebbe probabilmente evitato pericolosi vuoti di potere e prevenuto le conseguenti lotte intestine per il trono, ma in realtà sarà proprio questo sistema a rivelarsi fonte di innumerevoli contrasti.

Per qualche generazione,comunque, il sistema funzionò e le due branche imperiali si succedettero al trono senza particolari attriti: tutto ciò era destinato a cambiare con l'ascesa al trono di un ambizioso ed energico figlio della Corte del Sud, l'Imperatore Go Daigo.

"Questo ritratto dell'Imperatore Go Daigo tradisce la sua profonda ammirazione per i modelli
della cultura cinese e della sua figura imperiale"

Go Daigo ascese al trono nel 1318. Neanche vent'anni erano passati dall'ultima
invasione mongola del Giappone e gli echi di quegli eventi avevano lasciato
ferite ancora aperte nel panorama politico e sociale nipponico: ferite che avevano
iniziato ad indebolire sottilmente il potere e l'influenza della massima
autorità politica dell'epoca: lo Shikken Hojo.


Svanite dalle coste del Kyushuu le minacciose sagome delle navi mongole,
in Giappone iniziavano a scorgersi le ombre di nuovi conflitti intestini all'arcipelago.
Durante la crisi delle invasioni mongole il clan Hojo aveva difatti
accentrato sempre più il potere nelle proprie mani rendendo il circolo familiare
del clan l'organo di potere più importante in Giappone e attuando una politica
familistica assegnando importanti cariche statali e amministrative a membri
del proprio Uji. Come se non bastasse, gli Hojo non lesinarono di usare il proprio
potere per “raccomandare” alle cariche di Shugo e Jito (governatori di
una provincia o di una proprietà terriera) i clans più vicini alla politica dello Shikken.
Queste politiche di “raccomandazione” non fecero che rafforzare
il malcontento di numerosi clans verso lo Shikken, molti dei quali avevano
lottato duramente contro l'invasore mongolo senza venire poi ricompensati per
i loro sforzi.

In questo contesto sempre più ostile allo strapotere degli Hojo Go Daigo, ispirandosi alle figure imperiali della tradizione cinese, iniziò a maturare la convinzione che l'esautorazione del potere del Tennou (“il figlio del cielo” ovvero l'Imperatore) effettuato dal primo Shogun Yoritomo, dai suoi discendenti e dagli attuali reggenti Hojo del Bakufu fosse un inaccettabile sopruso verso cui Daigo mostrò man mano una insofferenza sempre più marcata.

Osservando l'acuirsi della crisi del potere dello Shikken, Go Daigo assieme al
suo Dainagon (consigliere) Hino Suketomo, iniziò a maturare il sogno di sfruttare tale situazione di debolezza degli Hojo per concretizzare il suo sogno di un ritorno del potere al trono imperiale: un sogno che ben presto si tramutò in un vero e proprio piano cospirativo per rovesciare il potere di Kamakura.

Dal 1319 Go Daigo iniziò a tessere la sua tela contattando possibili alleati e
sostenitori, esercitando un ruolo politico sempre più attivo sulla scena dell'epoca,
infiammando gli animi dei nemici dello Shikken e pianificando la caduta deglo Hojo.

Nel 1324, tuttavia, durante “l'incidente Shouchuu” il “Rokuhara Tandai”,
un organo di controllo e sicurezza dello Shogunato nella zona del Kinai ed incaricato dei rapporti
con la corte imperiale (nonché avente una temuta fama “polizia segreta) venne a conoscenza dei
piani sovversivi di Go Daigo: a farne le spese sarà però solamente il Dainagon Suketomo, mentre
il Rokuhara Tandai non riuscì ad intervenire direttamente sulla figura imperiale.

Nonostante la perdita di Suketomo, Go Daigo poté continuare a mandare avanti
i propri piani che tuttavia furono nuovamente scoperti nel 1331 grazie a una “soffiata” di
Yoshida Sadafusa che tradì l'Imperatore rivelando allo Shikken dei suoi propositi eversivi.

Stavolta per Daigo le cose si fecero molto pericolose: l'Imperatore si affrettò
a nascondere i tesori imperiali *(vedere immagine e nota) nel castello di Kasagiyama
e a rifugiarvisi sollevando un'armata a propria difesa.
Il castello tuttavia cadde sotto l'attacco delle truppe dello Shikken l'anno seguente e Go
Daigo venne esiliato nella provincia di Oki (composta dalle due omonime piccole
isole a 40 e 80 km dalla costa nord dell'Honshuu), mentre al suo posto gli Hojo posero
sul trono l'Imperatore Kogon.

"L'isola di Oki fu la "Sant'Elena" dell'imperatore Go Daigo dopo la sconfitta iniziale"

Come un altro imperatore europeo avrebbe fatto cinque secoli dopo, Go Daigo
riuscì a fuggire dal suo esilio insulare nel 1333 e presto radunò un'armata presso
la provincia di Hoki. Lo Shikken reagì inviando una spedizione al comando
di un generale il cui nome avrebbe presto,nella gloria e nell'infamia, cambiato
la storia del Giappone: Ashikaga Takauji.
A dispetto delle attese dello Shikken, giunto nella provincia di Hoki, Takauji
tradì la causa Hojo e si schierò dalla parte di Daigo aiutandolo nella distruzione
del Rokuhara Tandai.

"Ashikaga Takauji a cavallo. Takauji, inizialmente generale degli Hojo incaricato di sconfiggere
il ribelle Go Daigo, si schierò poi dalla sua parte per poi tradirlo durante la Restaurauzione Kenmu.
Il suo opportunismo fu premiato dalla possibilità di instaurare la propria omonima dinastia shogunale"


Contemporaneamente e (per gli Hojo) inaspettatamente, il capo della famiglia
Nitta, Nitta Yoshisada, passò anch'egli dalla parte del l'Imperatore e dopo una
campagna nelle province di Musashi e Kozuke, assediò e espugnò Kamakura
ponendo fine alla reggenza Hojo. Anche gli sforzi di difesa di due importanti
roccaforti ad Akasaka e Chihaya da parte di Kusunoki Masashige aiutarono
la rinnovata causa imperiale a trionfare.

Con gli Hojo sconfitti e il supporto di Takauji, Yoshisada e Masashige, Go Daigo
potè finalmente rientrare a Kyoto e riprendere il suo posto sul trono ed iniziare la
sua opera di ripristino del potere imperiale che prenderà il nome di “Restaurazione Kenmu”.
Go Daigo iniziò una politica di riforme, riorganizzazione e accentramento del
potere nelle mani della figura imperiale, con l'ambizione di divenire il sovrano
più potente dell'estremo oriente. Il suo zelo,tuttavia, lo portò a compiere numerosi
errori che ben presto si sarebbero rivelati fatali: in particolare la
volontà di Daigo di escludere la classe samuraica dall'esercizio del potere,
le magre ricompense elargite ai clans che avevano sostenuto la sua causa
(con l'eccezione di Ashikaga Takauji, Kusunoki Masashige e Yoshisada che vennero generosamente ricompensati per l'aiuto fornito alla caduta dello Shikken) riforme imprecise e frettolose
e aspri contenziosi sul possesso dei territori suscitarono forte malcontento da parte degli ex-sostenitori della restaurazione che portò allo scoppio di rivolte come quella di Nakasendai nell'est del paese.
Ashikaga Takauji, giunto in loco e sedati i focolai di ribellione, iniziò tuttavia
a nutrire dubbi nei riguardi del progetto di restaurazione imperiale nonché dei
pericoli che essa avrebbe potuto rappresentare per la classe samuraica di cui
Takauji faceva parte. Alla fine Takauji decise di voltare nuovamente gabbana
come aveva fatto in precedenza con la causa Hojo, e si mosse in armi contro
Go Daigo. L'Imperatore, nonostante il tradimento di Takauji, poteva contare
ancora sul fedele supporto di Kusunoki Masashige che inviò alla testa di un'armata
per scovare e distruggere la minaccia rappresentata dall'Ashikaga.
Masashige si scontrò per la prima volta con Takauji nella battaglia di Takenoshita dove venne sconfitto, ma successivamente grazie all'aiuto di Kitabatake Akiee e del supporto della capitale riuscì a infliggere una dura
sconfitta a Takauji, il quale dovette fuggire nel Kyuushuu. Takauji non fu però
scoraggiato dai suoi propositi, e radunata un'altra armata tentò nuovamente
la conquista della capitale l'anno seguente. Alla notizia delle truppe di Takauji
in marcia verso la capitale, Kusunoki suggerì all'Imperatore di riconciliarsi
con l'Ashikaga, ma Go Daigo rifiutò ed anzi ordinò a Masashige di distruggere
la minaccia dell'ex-alleato una volta per tutte. Masashige obbedì e marciò
contro le soverchianti forze del nemico scontrandosi con lui nella battaglia di
Minatogawa. La fortuna non arrise stavolta alle forze dell'Imperatore: rimasto
con soli 75 uomini dei 700 iniziali ed isolato in mezzo alle forze nemiche dopo che Nitta Yoshisada, temendo una manovra a "tenaglia" da parte delle forze degli Ashikaga e dei loro alleati Shoni aveva
suonato la ritirata generale.
Isolato e circondato, Masashige commise seppuku assieme al fratello Masasue (le cui ultime parole, secondo la leggenda furono “Shichisei houkoku!” ovvero “vorrei avere sette vite da dare per la mia patria”) e ad altri membri del suo clan.


"Il monumento a Kusunoki Masashige dinanzi al palazzo imperiale di Tokyo. La sua fedeltà all'Imperatore
Go Daigo fino all'estremo sacrificio lo ha reso uno dei modelli samuraici ideali"


Quando Ashikaga Takauji entrò a Kyoto, l'Imperatore fuggì presso il monte Hiei
lasciando Nitta Yoshisada a coprire la sua ritirata. Dal tempio di Enryakuji sul
monte Hiei Go Daigo e le sue forze continuarono per qualche tempo una disperata
difesa del monte e persino un fallito tentativo da parte di Nitta di riprendere Kyoto.
Ormai alle strette, Go Daigo inviò a Takauji i tesori imperiali in segno di resa e
si ritirò presso le montagne di Yoshino, mentre suo figlio, il principe Takanaga
fuggì presso la provincia di Echizen assieme al sempre fedele Nitta.

Takauji usò i tesori appena ricevuti per nominare il principe Yakuhito, fratello dell'Imperatore
Kogon (l'imperatore che era stato costretto a lasciare il trono da Go Daigo) nuovo Imperatore
con il nome di Komyo, inaugurando così una nuova dinastia Imperiale sotto il controllo samuraico.

Tuttavia, seppur sconfitto e messo in fuga, Go Daigo dimostrò nuovamente la sua caparbietà
dichiarando dalla sua nuova "Corte del Sud" presso le montagne di Yoshino (attuale Nara) che
i tesori imperiali consegnati a Takauji era nient'altro che mere copie e che quelli autentici
fossero nelle sue mani.


Questa dichiarazione aprì un periodo di feroce contrasto ideologico e militare che mise in contrapposizione
due corti imperiali: quella del Nord nella capitale Kyoto e quella "clandestina" del sud nelle montagne dell'antica Nara.

Edited by ShinXari - 27/6/2011, 09:26
 
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Giò®oma94
view post Posted on 25/5/2011, 13:58     +1   -1




Letta tutta e devo dire che non pensavo che gli Hojo fossero cosi scrocconi e voltagabbana(o forse si?).
Comunque grande Shin,mi/ci(spero xD) stai illuminando sulla storia giapponese!
 
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TheRipper
view post Posted on 25/5/2011, 16:42     +1   -1




Shin non posso che farti i miei più vivi complimenti!

Questo post dovremmo chiamarlo Shinkipedia XD
 
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77 replies since 20/1/2011, 10:51   2304 views
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